Con quei piedi


 

Mi sentivo morire, lentamente, senza drammi, senza agitazione, sentivo solamente il mio corpo allontanarsi dal mondo, quello che mi avevano insegnato a chiamare realtà, smetteva di appartenermi ed io ne sgusciavo fuori.

Mi pareva di morire come si nasce:scivolando fuori.

Le mani ed i piedi ghiacciati, rivoli di sudore sotto i seni caldi, la pancia bagnata, adesa alla maglietta scelta poco prima senza alcuna cura, la maglietta era anzi stata messa addosso e basta dalle mie braccia tremanti come succedeva la mattina ormai.

Restavo ferma, respiravo malamente, il mondo girava e correva accanto a me, sentivo i suoni della quotidianità in una parte recondita delle mie orecchie, una specie di eco che non mi riguardava, avvertivo quei suoni un pò come succede quando ci si addormenta in spiaggia, in mezzo a tutti, fragore delle onde compreso.

Il rombo dei motori, il chicchiericcio del mercato, il borbottio dei passanti nei loro cellulari, tutto mi arrivava senza giungermi davvero.

Restavo ferma e non smettevo di morire senza riprendere veramente a vivere, respiravo ancora, deglutivo e deglutivo, non avevo dolore, c'era un languore, una nostalgia massiccia ma non dirompente, pensavo ai miei bambini piccoli, ai venerdì passati con loro senza separarci mai, dalla mattina presto fino a sera tardi, niente scuola, niente lavoro per me per alcuni, meravigliosi anni.

C'era una gioia che non ho più provato in quei momenti con i miei bambini piccoli, c'era una pace che non so più che sapore abbia, oggi.

Mi sentivo andar via e pensavo al loro odore, a quando me li avevano messi addosso appena usciti fuori dalla mia pancia, pensavo piano a quando tornavo a casa e loro non mi lasciavano neanche spogliare, si aggrappavano a me, mi chiamavano, toccavano, chiedevano, e subito mi ritrovavo a terra, con loro a giocare, con loro a ridere, con loro a parlare ed a leggere.

Ora tornavo a casa la sera e dovevo andare a cercarli, chiusi in camera, pieni delle loro cose da fare, a mala pena mi dicevano "ciao mamma".

Seduta scomposta ed ansimante, pensavo a com'è brutto il male che disarticola i corpi, li rende ridicoli e brutti, li fa storti, li priva della forza che li mantiene dritti, gli strappa una dignità di postura.

Non riuscivo a muovermi, non avevo forza di chiedere aiuto, dicendo cosa? chiamando chi?

Ho spinto gli occhi, mantenendo la testa immobile, verso le mie gambe senza tono ed ho visto i miei piedi, erano pallidi, quasi grigi, lo smalto bordeaux, quando tempo prima avevo messo lo smalto?Non era passato molto, non era passato poco.

Erano i primi giorni con le scarpe aperte, le prime volte con i sandali presi ad Ostuni.

Stavo pensando questi pensieri deboli e pensavo che se pensavo ancora non stavo morendo, non ancora.

Muoio con questi piedi che ho oggi?Smetto di vivere mostrando queste dita, con questo pallore, questo smalto messo da poco o da molto, posso lasciare questa vita assurda mentre i miei figli sono a scuola ed ignorano che io stia finendo così, in mezzo alla strada, accasciata in macchina, con uno sportello aperto per cercare aria da mettere nel naso?Certo che posso morire così, non si sceglie quasi mai come morire.

Stavo morendo come avevo vissuto negli ultimi venti anni:senza amore, non ero amata come donna, come compagna, non lo ero mai stata, mi faceva orrore tutto questo.

Posso morire con questi piedi? 

Il sudore copioso iniziava ad asciugarsi, lo sentivo come rientare nella mia pelle, l'acqua che mi aveva inzuppato i seni ed il ventre sembrava seccarsi, sentivo un'ondata di caldo benefico salirmi sulle guance che poco prima erano ghiacciate e grigie, percepivo salire il rossore, quel colore di sole che conoscevo bene, simile a quello che mi accendeva l'amore ed il godimento.

Posso morire oggi con questi piedi?

Ho acceso lentamente il motore girando la chiave, ho scostato i capelli dalla fronte, e con quei piedi ho guidato fino a casa.



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