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Visualizzazione dei post da giugno, 2011

"Silviè và affà er caffè"

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Ho vissuto un'infanzia serena. Sono stata una bambina felice e spensierata. I miei genitori si amavano e ci amavano senza devianze o disturbi particolari. Mi piaceva stare al mondo e correre e giocare e mangiare, mi piaceva persino andare a scuola, leggere e studiare. Mi piaceva andare a trovare gli amici dei miei genitori, i miei cugini caciaroni, i parenti tutti. Sono stata una bambina senza troppe paure nè fantasmi radicati. Una sola cosa disturbava le mie tranquille serate, il mio relax post-cena, il mio stravaccamento sul divano insieme a tutta la mia famigliola. Una sola ombra oscurava il benessere di un film visto tutti insieme raggomitolati davanti alla tivvù. Una sola frase spezzava il mio tranquillo poltrire seguendo le scene d'amore più intense, od i thriller più agghiaccianti ed era:"Silviè và a fà er caffè",il senso è chiaro anche per chi non è un autoctono romano immagino, questa frase veniva pronunciata da mio padre nei momenti meno opportuni, nella pen

" Tenera bellezza rossa..."

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Faccio un bagno caldo a mia nipote, la rossa peperina con le lentiggini, la lavo con vigore dopo un'intera giornata passata ad annaffiare zucchine ed a saltare a piedi nudi nel fango. Le faccio lo shampoo, le metto il balsamo,le pettino i capelli morbidi come una matassina di lana merinos, chiacchieriamo di segreti di bellezza per giovani pulzelle in crescita. Mentre si spalma la crema sul corpicino sodo di pattini e giravolte, inizio ad asciugarle i capelli dicendole:"quanto sei bella tesoretta di zia, ma bella bella bella sai?" "non lo sò zia,non mi importa di essere bella" "Hai ragione nanetta rouge, a questa età non importa a nessuno se si è belli o meno" "no, è che a me non importa proprio di essere bella zia, a me basta che esisto per qualcuno..." "Ah, ho capito, è giustissimo questo,ora però ti faccio una meravigliosa pettinatura" "si và bene, insomma, a me importa solo che qualcuno stia con me e mi si fili, che sia impo

"Lento fluire..."

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Ieri sera, aria fresca, frizzante, energica, carica di atmosfera estiva di cene all'aperto e brace e balconi e giardini traboccanti gelsomini mielosi. Camminavo nella via vicino alla mia nuova casa per andare a votare nel mio nuovo seggio d'appartenenza. Le ciabattine estive ai piedi, il certificato elettorale fra le mani, scendevo giù per la stradina verso la scuola illuminata e mi sentivo emozionata. Lentamente, debolmente, pacatamente emozionata, guardavo gli altri votanti scendere dalle loro case nella serata inoltrata, tutti con lo stesso scopo, tutti con lo stesso sentire. Questo lento fluire, di persone unite nello stesso intento, questa sottile sensazione che forse, se lo vogliamo, qualcosa può cambiare,questa voglia di onorare uno dei rari strumenti che ancora possediamo per modificare il nostro presente ed il futuro dei nostri figli, mi ha scoperta felice e sorpresa. Sono tornata a casa ancora più lentamente scrutando i balconi e le persone sdraiate sotto agli alberi

"Lavorare stanca, vivere ancor di più..."

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Sono uscita dall'ambulatorio mezz'ora prima, perchè giù nel sotterraneo mi mancava l'aria, avevo il respiro mozzo, una sensazione di masso sullo sterno mi opprimeva l'esistenza. Sono uscita prima e mi sono immersa nel traffico scattoso ed adrenalinico di Roma, la mia città invivibile. Vivere in una città invivibile, lo dice la frase stessa, ha poco senso. Sono arrivata a casa senza fiato, lo stomaco contratto, i muscoli(si fà per dire)duri come sassi. Sono entrata in camera da letto tentando di prendere aria dalla grande finestra che dà sull'orto del vicino. Ho demandato la raccolta dei miei figli al padre dei miei figli, mi sono spogliata velocemente, avevo fame d'aria e di benessere. Ho annusato la mia tuta da casa di cotone leggero come una seconda pelle, l'ho indossata con le devozione che si prova per le cose "tue", quelle che hanno il tuo odore, la tua forma, quelle che rappresentano un pò chi sei, quelle che ti fanno sentire a casa. Mi trema

"Un sogno lunghissimo..."

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Il mio primogenito figlio legittimo, biologico, certificato, avente braccialetto identico al mio con su scritto il MIO cognome(è durato 24 ore, giusto il tempo dell'ospedale), sta per compiere 6 anni. Sei anni e quasi non mi sembra possibile sia passato tanto tempo, se mi concentro avverto ancora il peso della pancia che lo conteneva stretto stretto, i suoi piedini sul mio stomaco, quel fiatone da attesa, quella novità tanto grande da farmi madre. Se ci penso un attimo mi attraversano la mente le sue prime parole, quello sguardo furbo e profondo, quelle domande tenerissime e curiose, quel suo modo di preoccuparsi, identico al mio, quella sua fragilità di bimbo buono. Se penso a questi sei anni mi vengono in mente mille ricordi, le sue mani abbronzate che affondano nella sabbia, i suoi primi passi incerti, la volta in ospedale in cui mi diceva "mamma toglimi l'ape" ed invece era l'ago della flebo che gli ha salvato la vita. Se penso ai suoi anni ed alla storia di n