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Visualizzazione dei post da 2021

Tappeto di foglie e passi

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    Gli odori mutano, mancano angoli di calore e profumo, li cerchi nella testa, nel ricordo, nello spazio di un semaforo. Sottrazione di carne e mani, di strette e lacci. Assenza e freddo con vento fra i capelli e miele inspiegabile sul viso. Vedere appena arrivata, la forma più rassicurante per me, in un cielo zuppo di pioggia gelida. Ho fame, ho sete, ho freddo, sono solo un animaletto selvatico piegato a vivere in una città ostile e priva. Gesti che ritornano come frustate nella mente, la flessione esatta dei polsi, una posizione, un ascolto attento con la testa reclinata. Tanta pressione da innumerevoli direzioni, un'agitazione che trema nelle gambe, i libri lasciati, le musiche ascoltate a forma di terapia, tante volte quanto serve, come tampone sul sangue che fuoriesce a fiotti. Il passo sulle foglie che a tappeto coprono la mia strada, la sospensione che mi immobilizza sul ciglio di un precipizio e non volo e non cado e non gli volto le spalle. Resto. I figli non sono più i

Ottobre senza estate

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Ottobre è un mese troppo bello per non scriverci dentro, sopra o almeno intorno. Il cielo di Roma oggi è trasparente come un vetro appena lavato, l'aria è fredda e punge la pelle, il sole però, quando riesci ad incontrarlo, è ancora caldo e curativo. Non è mai successo che saltassi un'intera stagione su queste pagine, manca tutto il racconto di una strana estate, mancano le parole per descrivere un caldo insopportabile che mi succhiava energie e progetti, un vento ardente che mi faceva spruzzare sudore dalla fronte, sotto agli occhi, nel pieno dei seni dolenti e gonfi, sul collo sempre bagnato e morso dalla stretta della stessa fatica con la quale tenta di star dritto. Un'estate di pochi giorni di vacanza, spezzati ed incompiuti, in Umbria ed in Toscana, colline e vigneti, ulivi e cattedrali, mal di testa e sogni irrealizzabili. Un'estate di campo scout con Giacomo che vive la sua prima notte da solo sotto alle stelle in un bosco altissimo e si stupisce della potenza di

Giugno nudo

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  Il vento di giugno, pieno di compleanni, candeline, pioggia, sole e schiaffi. Visioni che non sarei stata in grado di inventare, trafitture e smarrimento, tremo e continuo, le spalline del reggiseno mi spingono dentro al dolore, un orecchio si è ferito, una parte di me si è disintegrata quel pomeriggio d'afa e rabbia. Accumuli di grasso avvinghiati al mio odio e più li odio e più si avvinghiano, distributori di schifo nel turno del pomeriggio, ridicoli caffè amari come fiele, metà testa che ancora si spacca e si sgretola. E' troppo tardi per aversi, troppo presto per fermarsi, nuove punture, nessuna energia, vorrei solo dormire con le finestre aperte e gli uccellini che suonano. Vorrei solo stare nuda con te nudo, perchè io e te quando siamo nudi, riusciamo ad essere selvaggi, anziani, giocosi, appassionati, bambini, commossi, stupiti, pieni di racconti e di risate. Sai che non sopporto questo caldo che mi infiamma la gola ed il respiro, sai che odio il sudore che mi scorre a

Il cambio di stagione anche se ho ancora freddo

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    Il cambio di stagione è un'arte, come il sesso, le carezze, la cura, il cucinare, l'assistere, l'abbracciare, l'accarezzare. Il cambio di stagione è un po' come scrivere, danzare, dipingere, recitare: dentro ci incontri parole, righe, suoni, ricordi, suggestioni, fantasie, progetti e ruoli. Il cambio di stagione devi proprio volerlo fare per godertelo come meriterebbe, è faticoso, ti mangia almeno un paio di giornate, ti spezza la schiena, ti riempie la lavatrice, gli stendini, le stampelle, il collo e le ginocchia. Non riesco mai a considerare il cambio di stagione, esclusivamente come una attività logistica, pratica, di riordino. Il cambio di stagione lo devi sentire, nasce dall'esigenza di passare oltre, archiviare, accogliere il nuovo. Per affrontare il cambio di stagione devi sentirti pronto e desideroso, scalpitante e traboccante di speranze. Quando ci si dedica a questa attività solitaria, succede puntualmente che si finisca a misurarsi vecchi vestiti

Di questa primavera

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     Sbatte una folata d'aria fredda sui vetri, l'inverno fa sempre così quando capisce che deve arrendersi:tira calci e sbraita, ma questo non impedirà alla nuova luce di arrivare ad illuminare ogni cosa. Diventa quasi patetico quando agguanta serate come questa, con una morsa gelida, con un ghigno sbilenco, per poi sciogliersi all'ora di pranzo, vinto e schiacciato dal sole che, caldo ti avvolge il collo e la faccia mentre guidi o cammini. Fame delle tue carezze, nei miei sogni i tuoi abbracci, disegno i baci a morsi e spinte di desiderio con le nostre bocche tratteggiate a colori. Soffi di luce per sperare ancora di farcela, di rivedere l'aria libera, di mirare lontano con gli occhi, oltre tutta questa morte, lì dove ci si possa contagiare di normalità. La mattina è diversa, pesa di meno sulle gambe, stanca poco il  primo fiato, solletica un tendersi di sorriso sulla mia faccia, guardando i bambini correre nel cortile delle scuole con grembiuli e mascherine messe  ad

Di Marzo

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  Domeniche struccate, senza entusiasmi, in attesa di sconosciuti traguardi, senza vere mete né navigatori attivi.  Disarcionate giornate di paure con nomi vari, miscugli di tempi nuovi e già dimenticati. E' già ora di nuove ore a scorrimento veloce. Marzo mi ha sempre riempita di entusiasmo, lo aspetto, non arriva e le mimose sono già polvere scura, il loro profumo ha oltrepassato il buono e porta un soffio di nausea. Le mascherine mangiano il mio trucco e mi fermano il respiro vero, quello a bocca aperta, la mascherina impedisce l'aria libera nel mio naso.  Marzo porta sempre la mia nascita ma quest'anno mi trova già invecchiata. Il vaccino mi ha terrorizzata fino alla punta delle dita ma non mi ha offesa. Avrei tagliato i capelli giorni fa, se tu non avessi avuto la febbre tanto alta e se non mi fossi così spaventata. Quando penso di tagliarli, li ho già tagliati, non ci sono più anche se ancora sfiorano le spalle come adesso. Stanno addirittura già ricrescendo mentre

Il filo

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   Sono stanca. Sono molto stanca. Ogni mattina all'alba sento di non farcela, ed ogni mattina mi vesto, scendo, comincio, un pezzetto alla volta, comincio di nuovo. Ma poi non ho cominciato mai davvero. Ogni giorno il filo che mi tiene in piedi mi appare più sottile, più fragile. Ogni giorno mi prendo la nuca fra le mani e la lascio sdraiare su un cuscino, può essere un semaforo, un caffè, tre minuti senza mascherina fuori fra gli alberi, un finestrino aperto, un pezzo di vento, il bruciante rosso di un tramonto che sfilaccia nuvole sempre più in la'. Mi sento vibrare ad ogni ora del giorno e non vedo l'ora di fermarmi nel sonno, dormirei e sognerei e dormirei per non tornare a vibrare non appena aperti gli occhi. Sono superflua e lontana, inconsistente, irraggiungibile, non sono reale come nessuna. Chiuderei. Non ho voglia di aprire, prendo sempre troppo freddo. Non mi va di passeggiare a petto aperto, mi viene sempre la tosse e mi scotta l'aria in bocca. Mi ferisce l

Il vecchio e la pandemia

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  Il piccolo vecchio cammina ogni giorno appeso ad un bastone troppo alto per lui, è curvo da un lato, ha sempre la barba appena fatta ed indossa una tuta da ginnastica. Cammina e cammina lento, piegato, storto come una vite abbarbicata al suo legno di puntello, è però inarrestabile, la sua caratteristica principale è che dimentica tutto, ogni giorno è come se ti incontrasse per la prima volta. Io mi fermo a parlarci quasi sempre, conosco molte cose di lui, il nome, il numero di figli, il suo vecchio lavoro, la sua provenienza, gli studi dei figli ed i loro attuali impieghi, conosco il fatto che la moglie resta chiusa dentro casa da qualche anno, che lui invece ama uscire, adora camminare e guardare da vicino l'avvicendarsi delle stagioni. Ogni volta che mi incontra mentre porto a spasso la nostra cagnolina, dice sempre la stessa identica cosa:"sono i migliori amici dell'uomo questi" e le sorride. Si chiama come me ed ogni volta che lo incontro mi dice:"sa come m