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Visualizzazione dei post da ottobre, 2014

Poesia perplessa e sbilenca con termini internazionali, che mira a cogliere le contraddizioni del vivere

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Perchè hai chiuso il grande bar di periferia per più di un mese causa ristrutturazione? Perchè hai sostituito il vecchio bancone con uno nuovo delavè? Perchè hai acquistato tutti mobili wengè? Perchè hai dato questo tocco shabby chic al tuo locale nel sobborgo romano? Perchè hai scartavetrato tutti i complementi d'arredo imitando lo stile decapè? Perchè hai messo grandi luci dal mood industrial? Perchè hai messo una grande teca di cristallo per esporre i cibi? Perchè hai fatto tutto questo se continui a proporre tramezzini imbarcati?

Mia nonna e lo zucchero

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Mia nonna era secca come un fuscello, con una testa piena di capelli castani,indossava i tacchi anche per andare al mercato, profumava di caffè tostato di Castroni, e di pane ciabatta ben cotto. Mia nonna, quando si è guardata allo specchio e si è scoperta i capelli bianchi che avevamo smesso di tingerle perchè ormai era vecchietta ed aveva l'Alzheimer, se li è tirati rabbiosa e voleva morderci tutti. Mia nonna aveva le mani storte dall'artrosi e si è fatta un gran culo per tutta la vita. Mia nonna preparava ogni giorno un termos di caffè caldo pieno di zucchero. Mia nonna mi faceva lo zabaione con talmente tanto zucchero che lo sentivi scrocchiare sotto i denti. Mia nonna friggeva le frappe e le riempiva di zucchero. Mia nonna faceva il ciambellone e ci metteva tanto zucchero. Chissà quanto spendeva mia nonna di zucchero.

Riassunto

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Silvia, trentanove anni, capelli corti da un pò, sessantaquattro chili che dovrebbero essere sessanta al massimo,una terza coppa C di seno, molta fame, una psicologa di nome Anna con gambe lunghissime. Detesto le mie gambe, del cappuccino bevo solo la schiuma, non finisco mai una tazzina di caffè, il colore lampone è un bel colore ma non lo uso quasi mai. Tanti libri fra le mani, la musica ovunque, grande disordine delle cose intorno e dentro me, casa mediamente pulita, desidero tanto una poltrona ed una lampada da terra che la illumini, la dieta la interrompo e riprendo continuamente. Quarantadue/quarantaquattro la mia taglia di pantalone e gonna ma se li compro da H e M indosso una quaranta, perciò vado sempre lì, quaranta di piedi, per le calze meglio una seconda misura, ma ho sempre usato la terza, effettivamente mi stavano un pò lunghe mi stavano. Ho la congiuntivite ed una borsa Furla che non desideravo ricevere. Ho pochissime Amiche, molta rabbia, un polipo alla colecisti

Balbuzie

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La balbuzie è infame. La balbuzie allunga le parole, strozza i suoni, appende i pensieri alle labbra. La balbuzie è un'inciampare nel parlare, una zoppìa del dire. La balbuzie rompe il ritmo, distrugge la fluidità, fa rumore di trazione sulla lingua, stride e frena, arrotola ed intreccia. La balbuzie confonde, distrae, stringe il cuore di chi ascolta. La balbuzie fa venire voglia di dire "non fa niente, lo dirò un'altra volta", ma questa volta non arriva quasi mai e si accumula ad altre volte che poi non sono arrivate, ed allora si crea una montagna di cose non dette ed altre volte mai giunte. La balbuzie incaglia i pensieri, rende melmoso il linguaggio, fa ristagnare l'intenzione di raccontare. Da un pò di tempo balbetto, non riesco a parlare, se devo raccontare chi sono, cosa voglio, cosa sogno. Da un pò di tempo sono la balbuzie di me stessa.

Lo spogliarello

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Vorrei farti uno spogliarello dell'anima. Vorrei che mi guardassi mentre lo faccio. Vorrei togliermi tutto da dosso, vorrei farlo molto lentamente, e finalmente restare nuda davanti ai tuoi occhi. Vorrei spogliarmi zitta e dirti solo "guarda, questa sono io". Vorrei che osservassi e toccassi il mio intimo e non l'intimo che indosso. Vorrei che mi vedessi trasparire nei sussulti che ho avuto, nei respiri che starò facendo in quel momento, battere dei miei desideri profondi. Vorrei che sgualcissi il mio abbigliamento intimo e che invece ti prendessi cura del mio Intimo, senza masticarlo troppo,senza sfilarlo, senza strappargli i pizzi,vorrei che ne mordessi le cuciture fallate, le irregolarità della trama, che ne analizzassi il filato e la tinta che gli ha dato il suo esatto colore. Vorrei che le calze scivolassero via dalle mie cosce e che le vedessi senza schermo, fin dentro alle vene, al grasso, ai capillari. Vorrei che finalmente mi vedessi tutta, senza la