Spessore

 


Postura antalgica di spalle chiuse e petto curvo, di spessore anestetico nutro la mia carne con infusione ininterrotta ed aghi profondi.

Attutire il suono, spegnere il fragore, abbassare la frequenza del battito, ridurre i respiri, tamponare il sudore, bloccare il sangue in uscita.

Arginare il tonfo vitale di ciò che vedo, di quello che prendo, ammorbidire il tatto, appiattire la discriminazione sottile, rendere grossolana e leggera la percezione, abbassare il volume, socchiudere lo sguardo, sovrapporre le ciglia al cristallino, fare ombra sulla testa calda di sole.

Lo spessore anestetico si splama sulle mie terminazioni nervose,avvolge le scosse, inguaina il dolore, intontisce la gioia, svuota l'entusiasmo, mi soffia sulla faccia, mi allontana da persone e strade.

Il corpo mi ingombra, i miei seni sono freddi e pieni, la mia pancia pallida e gravida di assenza, le notti piene di sogni e risvegli solitari, cuscini spinti,e finestre nuovamente chiuse.

Caffè amari ed affacci grigi. 

Non mi aspetto più le guarigioni.

Le spalle di nuovo coperte, la pelle toccata dalla mia sola pelle, il mio profumo annusato dal mio solo odore, le pagine dei libri si affastellano come i giorni e non è stata estate e non sarà autunno.

E' tempo piegato ad andare avanti a quattro zampe come sulla cresta della montagna in quei giorni di vento e neve ghiacciata, senza stare dritti, senza aprire le braccia, senza accogliere nè trovare, senza sorprese nè calore, braccia empie e colpevoli di macchie irreparabili, la ricerca d'amore, il desiderio dell'abbraccio, la gioia dell'attesa e della preparazione, il linguaggio segreto, i racconti accavallati, gli spezzoni lasciati monchi.

Lo spessore come cuscinetto sugli angoli per evitare i bernoccoli, e le altalene con l'imbraco, gli spigoli con l'imbottitura.

Lo spazio intorno a me con candele, buio e tende per attutire il male, la posizione tipica di quando si sta nel ventre, con ginocchia addosso e pugni chiusi, la musica come tappeto di passi per scongiurare distorsioni, cadute e fasciature, acuti spilli e strappi di muscoli eccessivi, visite ed antidolorifici, labbra morse dal dolore, un grido trattenuto

Stampelle per condurre e calze profumate, ripescate dalle profondità dei cassetti taciuti.

Un'estate senza mare, senza nuotate, senza valigie pensate, mucchi di panni lanciati e costumi asciutti.

Chicchi d'uva e frutta fredda per dissetare quattro mesi di sole feroce ed osceno.

La disidratazione di ogni sguardo secco come di foglia.

Spessore di mollezza e di protezione, poca poesia nei tramonti d'albicocca sui calanchi sabbiosi lungo il percorso verso l'ospedale, poche righe su un'agenda a gocce, troppo piccola, troppo vuota, troppo distratta.

Una distanza stordente fra me e lo stare al mondo, un'astenia scivolosa, il procrastinare di voglie e mete.

Vorrei vendemmiare.



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