Il dolore



Fin da piccolissima aveva iniziato a percepire il dolore, erano sensazioni nette quelle che sentiva, localizzate o più ampie ma così concrete che la confondevano,da bambina aveva pensato che non ci fosse un giorno senza un dolore, seppure piccolo, anche una pellicina strappata intorno all'unghia morbida sarebbe bastata a darle la quota di dolore quotidiano.
Si era chiesta se quello significasse vivere.
Crescendo aveva iniziato a provare dolori violenti, di difficile individuazione, la loro origine non era sempre chiara e tracciabile.
Il dolore le prendeva a pulsare dietro la nuca mentre camminava con gli amici risalendo dal lago, non lo diceva a nessuno ma rallentava per cercare sollievo e riprendere il cammino.
Il dolore le aveva preso le budella, milioni di volte, costringendola a correre via. a tornare a casa, a cercare bagni ovunque pur non volendoli usare mai.
Il dolore a spasmi le sconquassava il ventre durante il ciclo, le premeva le tempie dopo, le schiacciava il fianco a metà mese.
Il dolore le attraversava la polpa dei denti, denunciando carie ancora piccolissime ma già insopportabili.
Il dolore le aveva scassato il bacino mentre era incinta ed aveva dovuto camminare con le stampelle, le gravidanze le avevano rovesciato lo stomaco notte e giorno con un vomito incontenibile ed una nausea sorda che allagava ogni cosa di brutto e squallido, vomitava anche per la barba troppo scura di uno sconosciuto.
Il dolore le aveva incendiato i nervi, bruciando la metà del viso solo per un tuffo nel lago o per una palla di neve ricevuta in faccia dopo aver guardato il fuoco nel camino.
Il dolore alla testa le levava la forza di guardare ogni mese, per più giorni,ormai da troppi anni, la schiena era un agglomerato di contratture e fitte, le braccia si infiammavano di notte e si riempivano di manicotti febbrili e soffocanti, un dolore tanto profondo da farle toccare la base di sè.
Il dolore la connaturava, la svegliava, le impediva alcuni movimenti ed allora lei ne cercava altri,quei dolori lei li dimenticava subito e subito le si paravano davanti di nuovi, bisognosi di cure ed attenzioni anche questi.
Quasi ogni mattina doveva occuparsi di sbrogliare blocchi e dolori, tamponare e rimediare, ricacciare indietro sensazioni pungenti o contrazioni anomale.
Il battito del suo cuore seguiva un ritmo imprevedibile e la lasciava attonita mentre faceva qualunque cosa correndo avanti ed indietro nella sua vita.
Il dolore la mangiava dentro e la sfiniva, il momento più bello era sempre dopo un dolore finalmente passato, quando la morsa aveva fortunatamente mollato un organo, un arto, un punto del suo corpo che chissà per quale motivo si era messo a fare capriole ed a girarsi come tarantolato, preso da una frenesia di malessere totale ed irrimandabile, il momento più bello era sempre quello in cui riusciva ad addormentarsi senza patire più, si svegliava allora piena di gratitudine e voglia di vivere senza stare male.
Quante volte si era dovuta fermare ed occuparsi di questo nuovo o di questo vecchio dolore, quante volte aveva tentato di ricollegarlo ad un motivo, ad un errore di comportamento, al troppo vento, al troppo cibo, al poco sonno, al troppo caldo,al movimento sbagliato.
Aveva nuotato e ballato con quei dolori, a volte aveva avuto la meravigliosa sensazione di essersene liberata, ma poi lui la veniva a scovare, come una persecuzione, come un'anatema e la inglobava tutta.
Si era abituata al dolore, ci viveva tutti i giorni ed anche molte notti, poi questa abitudine la faceva infuriare e voleva fortemente disabituarsi, cancellare crampi e trafitture, pulsazioni e cerchi roventi.
Compleanni, natali e feste, dolori fin dentro ai ricordi, dolori rintracciabili persino nelle fotografie, tracce di dolore scritte nei diari e poi nelle agende, i basta detti con fare perentorio, i basta che erano stati inutili, come se il dolore fosse indipendente da lei e gli si dovesse concedere sempre ogni volta che si fosse ripresentato.
Il dolore la ammutoliva, la avviliva, il dolore la sfibrava troppo e lei voleva pace.
Questo corpo di dolore che si trascinava dietro da una vita le era nemico, lo detestava ed al tempo stesso sembrava essere la cifra di sè stessa, il dolore era violento e continuo come violente e continue erano le sue sensazioni, la gioia ed il desiderio, l'entusiasmo ed il terrore, la passione e le sorprese.
Il dolore le assomigliava, quante volte aveva guidato con il dolore, spinto nonostante il dolore, corso insieme al dolore.
Il senso di pace che le dava il sentirsi viva senza stare male, era qualcosa di sublime che quando arrivava, lei ci faceva sempre caso e non voleva far altro che fermarsi e goderselo tutto, fino a che le venisse concesso, senza perdersene un attimo, passando in rassegna ogni fibra di sè, ogni piega, ogni curva per sentirla finalmente viva, fluida, per percepirla scorrere senza intoppi, giù per i suoi mille rivoli somatici folli.

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