Gennaio, sudo e tremo

 


Si muove più lentamente, si guarda sempre, non si piace mai.

Si incontra con le mani, con i vestiti stropicciati, con le lenzuola, il contatto non la scalda, non la rassicura.

Apre gli occhi la mattina presto ma è contro la sua volontà, è così buio, è così freddo, è talmente violento questo inizio di ogni giorno.

Il suo fiato fuma come lo scappamento della sua macchina troppo grande, le mani ghiacciate, il passo sbilanciato, l'incedere insicuro, sembra stia sempre per fermarsi e svenire sull'asfalto.

Non sviene e guida, non sviene e lavora, non sviene e pulisce.

Però non guida, non lavora e non pulisce davvero, si sente solo svenire.

Le sanguina una narice, le si è sfilacciata una spalla, le si è solcato il viso, il collo, ogni giorno troppo dolore, si sveglia e cerca da subito di diminuirlo, cancellarlo, per qualche ora, nel tardo pomeriggio crede di stare meglio, poi dorme e sogna, quanto sogna ancora, e tutto il dolore riparte, le morde le ovaie, le gonfia e scalda i seni, le sovrappone grasso dove vorrebbe essere vuota e leggera.

Non è più leggera ed annusa  ancora l'odore delle calze nuove.

Ha una strana smania di dipingere, di cambiare i colori della loro casa, ha voglia di creare e smussare, di dare nuove forme, ha voglia di stare con i suoi figli bambini, ma ogni giorno li trova più grandi ed irrangiungibili.

Si osserva tanto, nei vetri, negli specchi, nuda, vestita, in pigiama, la sera tardi, la mattina quando la stanza è piena di luce, saggia la propria pelle, si spinge le ossa, lascia segni sulle cosce, le ferirebbe per vederle come erano prima.

I capelli devono essere sempre profumati e morbidi, non riesce più a leggere, è a disagio nel proprio corpo allagato di sudore e male.

Subisce la vertigine, la nausea, la fitta piantata nel braccio, il cranio spaccato a metà, poi ci sta dentro, ci dondola, prova odio, soccombe, non ha più sonno.

Non c'è un cappotto capace di stringerla e scaldarla.

Era solamente qualche giorno fa la sua giovinezza, solo ieri era bella, si è distratta, si è sempre distratta, correva e chissà dove corresse così spettinata e distratta, così affannata e concentrata sugli altri.

Era felice e non lo sapeva bene, pensava "sto andando ad essere più felice", non era vero. 

Negli inciampi del corpo cercava della musica, delle righe, dei film, dei laghi, con questi cercava di sopravvivere al nuovo intoppo del male.

Le sue unghie sono sempre state deboli e sottili, è stato doloroso avere quelle unghie nelle proprie mani tutta una vita.

Vorrebbe camminare, non trova il passo, non trova il fiato, sembra tutto sepolto e bruciato, sembra seppellito dal peso dei giorni, per camminare bisogna liberarsi, spingere sulle caviglie sgombre, lei le ha piombate le caviglie, i pesi avvinghiati solcano tracce sulla strada e la ancorano nell'immobilità.

Desidera carezze sulle labbra e fra i capelli, dove sente gelo e spilli, vorrebbe baci e calore.

Cerca legno da dipingere, non ha mai saputo dipingere.

Vuole guardare ancora i baci fra gli innamorati per strada, vuole partire, fare un viaggio e provare quel palco.

Vuole cambiare strada, vuole inveritre il senso di marcia, strappare i capelli bianchi uno ad uno, trattenere per sè lo stupore, vuole conservare l'innamoramento folgorante per un nuovo bambino o per una canzone incontrata per caso.  

Vuole allattare i suoi bambini e sentire ancora quell'onda di amore e calore, salirle dal seno, per attanargliarle la gola.

Non vuole andare lì, in quel luogo sterile, dove vanno tutti, vuole cercare un'alternativa, vuole saltare la fila ed arrivare altrove, non le piace la destinazione della vecchiaia.

Non è più tanto stanca come prima, è irrequita e gonfia, le gambe sembrano non reggerla davvero, lei, ogni giorno, suda e trema senza trovare un ristoro.

Anche ora si corre dietro senza vedersi.

Commenti

Anonimo ha detto…
"Sospesa"

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