I baci sbranati


L'ascensore era in pessime condizioni, l'edificio intero sembrava provenire direttamente dalla Russia post bellica, c'erano moltissime stanze semi-buie, dalle porte a vetri si intravedevano le lunghe scrivanie di legno massiccio, illuminate da lampade da tavolo anni 60.
Coni di luce perfetti per leggere e studiare.
In ascensore erano rimasti quasi zitti, uno da un lato, una dall'altro.
I cappotti abbottonati, gli occhi al cielo, il fiato trattenuto, le schiene aderenti allo specchio freddo.
Erano scesi al piano desiderato, avevano camminato per i corridoi.
Lui non c'era, tornarono indietro, parlando poco e piano,il pensiero inafferrabile, confuso nel suo movimento indeciso.
Erano tornati di nuovo davanti all'ascensore, lui si era voltato di scatto, l'aveva presa.
Si era voltato senza parlarle, neanche una parola.
Si era voltato e l'aveva afferrata per le spalle, per la testa, era stato un muoversi senza controllo ma con una geografia precisa,una coreografia antica e perfetta, erano stati da subito baci sbranati, mani addosso, cappotti scivolati, borse cadute a terra.
Si erano quasi morsi, masticati la lana dei rispettivi maglioni, annusati le loro pelli, lei aveva cercato il suo cuore, ci aveva messo una mano sopra, a sentirlo tutto.
Si era nascosta nell'incavo del suo collo per respirarlo ancora una volta dopo così tanto tempo.
Erano diventati un unico, improvviso incrocio di battiti e fiato, i capelli di lei sulla sua bocca.
Era passato qualcuno dietro di loro, si erano separati come colpiti da un'ascia, lontani, le mani slacciate, le bocche distanti senza più la polpa dell'altro sulla lingua, fra i denti.
Lei si era messa a premere la fronte sul vetro freddo pieno della sua città buia, aveva scosso la testa, le girava tutto e le gambe le tremavano dentro alle calze scelte perchè i suoi occhi ci scivolassero sopra desiderando di scivolarci sopra.
Erano entrambi affannati e storditi, lei avrebbe voluto raggomitolarsi dentro al suo giaccone pesante e cercargli il petto per trovare protezione da quella violenta confusione, un pò di pace da quel martello che le batteva dentro,voleva capire se lui sarebbe stato capace di farle passare la paura di averlo desiderato ancora.
L'ascensore era arrivato di nuovo al loro piano, ci si erano lanciati dentro come fosse stato il loro rifugio, la loro alcova, sei piani, tre piani, un tempo brevissimo per baciarsi ancora, un tempo brevissimo di altri baci sbranati e di mani sul viso.

Fuori era buio e nessuno sapeva cosa fosse successo fra loro, qualcuno aveva chiesto:"vi siete persi voi due?"

No grazie, ci siamo appena ritrovati, avevano risposto.

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