Caffè

Il caffè incrostava i bordi della tazzina azzurra, quella con la bicicletta antica, disegnata davanti, tutta nera. Il sole sbatteva sui muri delle case intorno, i piedi erano i suoi piedi ancora, anche se freddi e pallidi. La testa non era più riconoscibile da tanto tempo, così tanto che erano spariti anche i risvegli pieni di speranza, quelli del "magari oggi è finita", la testa non sapeva più neanche respirare il vento, i capelli erano spilli, la pelle della testa chiodi, l'incudine del dolore la agguantava come un ladro premendola fino allo stremo. L'alternanza della paura più cupa e del pensiero più positivo, la danza ed il raggomitolarsi, il panico che sudava contro il suo petto e le braccia spalancate fuori al balcone, la finzione del comunque vivo, al reale, arreso, lasciarsi morire. Era una continua altalena dall'autunno appena inziato, a questa primavera proibita, era stata un'attesa, troppo lunga, di un ritorno preteso, delle sue mani sempre...