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Visualizzazione dei post da 2023

Per tutte

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  Per tutte le volte in cui abbiamo detto ad una figlia o ad un'amica:"è stato aggressivo?vabbè ma tu cosa gli hai fatto, lo hai provocato?" Per tutte le volte in cui ci viene chiesto:"ma così scollata, ma con questa minigonna, ma tuo marito cosa dice?" Per tutti gli amici che dicono al tuo compagno:"ma lei mette foto sensuali su Ig, non senti che ti manca di rispetto?ma dille qualcosa no?" Per tutte le volte in cui siamo state lunsingate dall'essere scelta da un uomo e già ci era  sembrato sufficiente per volergli bene Per le volte in cui siamo state felici  e speciali nel sentirci dire "sei mia mi appartieni" Per tutte le rinunce fatte "altrimenti lui si ingelosisce", per i viaggi non  vissuti, per le serate con le amiche annullate, per il corso di danza interrotto per non farlo innervosire che per tenerlo sereno in fondo cosa ti costa non andare a ballare? Per quell'uomo che ha dato della troia ad una giovane attrice napo

Cara

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  Cara Silvia, cosa c'è di più patetico che scriversi una lettera da soli? Eppure oggi va così ho scritto a tanti, ho scritto sempre, mai a te. Sei seduta sul tuo lettone solitario e sfatto, accanto ad un mucchio di panni che non riesci a piegare e sistemare per il dolore che ti attanaglia un lato del corpo, senti i denti di un lupo perennememente affondati nel tuo bacino a sinistra dove il tuo cuore batte asincrono, nel tuo lombo giù nel profondo, senti la coltellata nel fianco, alla radice della schiena non appena ti pieghi, ti volti, ti accucci, senti il male fisso e corposo, sei così disorientata. I tunnel ed i raggi non capiscono dove sia il blocco, da cosa dipenda, tu entri ed esci da mani di esperti, dottori, osteopati, siringhe, pasticche, bustine, intergratori, pomate, cerotti, cuscini, cliniche ed ambulatori, ti pieghi in ogni posizione a cercare sollievo, per tentare di riprenderti un vero respiro pulito, per ritrovare un movimento senza morsa, per sentire uno sblocco ed

Carne e cielo

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  Il mio male è cannibale Il mio dolore è carnivoro Questo corpo macina fibre e nervi masticando forte a sangue senza pace Questo male mi somiglia, mi prende i lineamenti e me li sposta, gli occhi sono lontani dal limpido, ogni sensazione pulsante mi urla nel cristallino e mi palpita il cuore Fa solo male, fa tutto male e non so sputarlo Mi schiaccia al muro i lombi e non sanno più flettersi, non sono caldi, ma bruciano, però mi ghiacciano di orrore Il bacino è trapanato dalla violenza di una febbre sotterranea inconsolabile Fa solo male e non lascia respirare, non so spingerlo via, mi attanaglia Mi prende tutto Mi saccheggia Mi sottrae Mi ha catturato un piede con denti affilati e spilli aguzzi Mi umilia Il dolore mi mangia Nella carne e nel grasso mi scorrono brividi di male puro, urge, spinge, strappa Il dolore mi stravolge lo sguardo  Il male mi offende C'è un cielo d'autunno  E nessuna cura

In questo settembre

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    Quest'anno settembre è diverso:non ho voglia che finisca l'estate. Io non amo l'estate ad esclusione di quei pochi gorni di vacanza che riusciamo a vivere, non sopporto il caldo asfissiante, le macchine roventi nelle quali entrare per andare a lavoro, le notti insonni e sudate. Invece questo settembre è atipico: prolungherei l'estate per altro mare, altro sole in bocca, altre onde, altri bagni, altre canzoni scemissime alla radio, altri ghiaccioli all'arancio, altro frinire di cicale dopo pranzo e di notte, altro calore sotto la pelle, ancora doratura sulla pelle, piedi scalzi e creme solari, guance rosse e bollenti. Questo settembre partirei per altre mete, ancora barche e spiagge, granite e profumo di salsedine, non lascerei le docce all'aperto ed il passo nomade, vorrei restare senza uffici e timbrature di cartellino, senza traffico e ricerca di parcheggi, non vorrei i centri commerciali e le tessere fedeltà. Questo settembre lo riempirei di posti mai vis

Blu

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  Il grande blu che mi riempiva gli occhi si è insozzato, lo cerco ancora ma dentro ai miei ricordi. Ho avuto tanta paura ed insieme momenti di gioia comunque. Poi l'abbandono all'anestesia, così come mi capita raramente:d'arrendermi, penso "che sia", penso "sta accadendo, non posso più scalciare e cercare un'altra via, respira, lascia, molla la presa, offri il corpo, non puoi più difenderti, ti difenderanno mani ed occhi sconosciuti, persone per le quali non sei nulla, niente affetto, nè tenerezza, ci penseranno loro a te mentre dormi non di sonno". L'abbandono in sala operatoria quella mattina tardi, prendete, non mi avete mai vista, ho un grumo di vita ed una macchina parcheggiata qui sotto, un terzo figlio non accolto e sognato ancora, prendete ho un lavoro, una tovaglia a fiori chiari, dei natali bellissimi, intrecciati nei ricordi, ho un cumulo di amore buttato, un altro sprecato, un altro ancora sputato via. Prendete, asportate e lavate vi

La sindrome dei pochi

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  Ho ritrovato nelle bozze di questo mio blog, il seguente post scritto e terminato esattamente tre anni  fa, mi ha sconvolta la sua totale attualità, tanto da non dover aggiungere o modificare neanche una parola.   Esiste una sindrome piuttosto diffusa che colpisce donne e uomini, talvolta con forme diverse. Alcuni uomini hanno bisogno di essere considerati grandi, di essere rispettati per quello che rappresentano e non per quello che sono. Alcuni, non pochi ma soprattutto pochi d'animo, hanno necessità di ottenere stolida obbedienza, di respirare la gratitudine di persone che sono loro grate per motivi economici e non certo umani, di vivere nell'accetazione comune di chi reputa il loro operato una gentile concessione invece di uno scambio vicendevole e maturo fra adulti. Questi omuncoli da quattro soldi non sanno parlare in maniera leale, sottointendono sempre un ricatto, un rinfaccio, non ascoltano davvero, usano frasi gettate lì senza un senso reale od aderente
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    Certe sere possiedono una curva pesante come le spalle Inchiodata resti nel peso e nell'attesa Non scendi Non ami Non sali Non vedi la bellezza che vedevi prima, anzi la vedi ma senti che non ti riguarda più Piccole raffiche di vento scirocco ansimano fra i tuoi capelli nervosi, elettrici, scosse di nervo e paura Attendi in uno spazio lungo e slabbrato come costumi masticati dalle estati sommate al sole E' di nuovo notte e nessuna stella  E' di colpo estate e nessun refrigerio Non ti muovi  Non guardi Guidi a strappi e distrazioni Il cibo ingoiato in piedi, rabbia e delusione insieme a briciole ed olio Non dormi Non cresci Invecchi si I lividi sulle cosce, mal pesati passi e intruppi Tracce di sole fra macchie di nei  Non riposi Non ti stanchi il corpo Ti consumi la testa  Ti affolli di immagini e pensieri Preoccupazioni e saliva Non abbracci Neanche un bacio Nessun cuscino di calore e morbidezza Ti ammali Accenni un disordinato andare Nessun luogo è tuo Nessuna meta la

Nel tunnel

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  Dentro al lunghissimo e grigio tunnel, il fiume di macchine davanti a me, dietro a me, accanto a me, procedeva lento, non eravamo incolonnati, procedevamo dentro una corrente fluida a morbidi distacchi e movimento inesorabile, con lievi onde verso destra, poi verso sinistra, poi dritto, tutti all'unisono, tutti sottovuoto, tutti nella stessa direzione. Il rombo amplificato dei motori forti, proveniente dai tunnel collaterali, spingeva un suono sordo e costante nelle orecchie, i finestrini sigillati, nessun segnale, la musica si era interrotta, solo un rivolo di sudore sotto ai seni, un altro dietro la schiena a contatto con il sedile. Mi sembrava di essere sott'acqua senza poter prendere aria salendo in superficie, proseguivo a lunghe gambate verso un'idea di uscita che ancora non vedevo ma immaginavo tutta. Silenzio anche nella mia testa, solo il suono del movimento lento di macchine e corpi incapsulati dentro, ognuno incontro al proprio destino, in singola corsa verso u

Diciotto

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  Diciotto anni fa stavi per nascere. Diciotto anni fa stavo per diventare madre con te. E' stato subito entusiasmo puro, niente lo inquinava, era semplice, leggibile, incontaminato. Diciotto anni fa, è stato un tempo forse troppo veloce ma pieno. Pieno di cose che hai portato tu, pieno di cose che ti abbiamo dato o cercato di dare. Abbiamo ballato sul tettuccio della macchina e vomitato insieme  sulle scale. Vivi come quando salivi e sali in alto o su una giostra:andando a petto aperto incontro alla vertigine. Abbiamo aspettato ed accolto tuo fratello, protetto tuo padre, tuo nonno ed i deboli che sai individuare in un attimo. Ora fai volare con le tue braccia i piccoli del branco e ti amano tutti perchè sei buono e divertente. Diciotto anni di baci, corse, scoperte, libri, ninne nanne, febbri, paure, risate, viaggi strappati e l'incanto di vederti crescere e diventare un uomo. Sei preoccupato per me in silenzio, sei arrabbiato per questa preoccupazione che ti sto dando, hai s

Il desiderio

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  Il mio desiderio è cambiato. Il cielo si è improvvisamente schiacciato, privo di luce, buio e nero. Piove forte. La luce dei neon mi aliena lo sguardo, mi lascia gli occhi allucinati. Lui ha conservato uno spazio per lei, al riparo dagli schiaffi che si dà sul viso, coperto dai deliri e dalle voci, ha costruito una cupola dove ha nascosto lei, il ricordo di lei, il loro amore, il suo nome chiamato anche di notte. Il mio desiderio è diverso, è mutato, non è più giovane e festoso, il mio desiderio è ferito, immobilizzato, è urgente, è incontrollabile ma soffocato per la gola. Il mio desiderio è affamato, è pieno di distanza, è graffiato dal silenzio è privato della tenerezza. Il mio desiderio è fatto di sangue e delusione e solitudine. Il mio desiderio è respinto e calciato lontano. Il mio desiderio è indispensabile.

Domenica

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  La domenica mattina fa promesse che sa di non poter mantenere ed io, in fondo, ogni volta ci credo. Nel pomeriggio capisco che il tempo sta mangiando le possibilità e mi muovo scomposta. Verso sera sento il fiato strozzarsi intorno al collo e non trovo pace immobilizzandomi. Capita che faccia buio, che si accendano le luci elettriche, che si tirino fuori gli avanzi, che si metta nella borsa del lavoro una cosa che potrebbe servirci, e così è già lunedì, in quel gesto c'è tutta la fine di un giorno di festa, c'è la promessa puttana, che va a trovare tutti e non resta con nessuno. In quel gesto dedicato a domani è finito oggi, quel movimento è già ricominciare sospendendo le speranze, appendendo la promessa dietro una porta, è lasciar penzolare l'attesa dentro al vortice di un gorgo ripetuto, del quale conosci odori ed ombre, un gorgo di spazi angusti che ormai è la tua esistenza, la tua familiarità indossata come fai con i collant: con sempre troppo sforzo e troppa scomodi

Conti e somme

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  Io conterò ogni tuo respiro per portarmi via la loro somma esatta Conterò tutti i minuti trascorsi a sentirti addosso a me Conterò tutte le spinte, tutti i tuoi baci, tutte le carezze, ogni mio singolo capello che stringerai fra le mani Conterò i movimenti che farai per aggiustare il mio corpo per permetterti un migliore e morbido passaggio Conterò le volte che chiuderai gli occhi e quelle in cui rovescerai la testa all'indietro Conterò i battiti e le bocche aperte Conterò le attese ed i minuti senza te prima del tuo ritorno Conterò i pezzi di pelle ed i lembi dei tessuti che sposterai Conterò i giorni che ci vorranno per vederci ancora.

Acqua

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  Lavarsi è uno dei gesti che preferisco da sempre. Lavarmi mi è indispensabile, un piacere irrinunciabile, non un dovere nè una fissazione, lavarmi è necessario. Usare l'acqua per bagnarsi la pelle, allagare gli occhi, strofinare il sapone sulle braccia, grattare la nuca con la schiuma calda, scuotere i capelli sotto lo scroscio liquido, abbandonare i muscoli e le dita alla curva creata dall'onda, inarcare la schiena e seguire l'arco del fluire rapido, è un lusso fra i più grandi. Quando il corpo scrocchia di pulito e fresco, quando mi raggiungi con le orecchie bagnate e qualche traccia di sapone, le guance lisce ed umide, per riprendere i baci, quando mi sento pulita, quando mi asciugo forte, quando sgrullo l'acqua dalle vertebre unite in blocchi di male per sentirle liberarsi e respirare da dentro, l'acqua allora mi stupisce di benessere e morbidezza. Acqua madre di gocce e spruzzi. Lavare qualcuno che amiamo, i miei bambini fra le mani da sollevare sotto le picc

I giocolieri

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  Amare è un'arte da pazzi, un fenomeno da giocolieri. Amare è funambolismo sopra ai giorni. Continuare ad amare qualcuno è un'allucinazione liquida che scivola dentro sogni e movimenti nascosti. Svegliarsi basculando per un ricordo che ci ha agganciato un fianco, arpionandoci ad una nuova mattina. Sdraiati appesi e solitari come tronchi di legno trascinati dalla corrente del fiume, aggrovigliati come capelli, appigliati alla pelle, al respiro, zitti dopo tanto parlare. Due stanno così, ritrovandosi in un laccio elastico a boomerang, restano. Due se ne vanno, si allontanano, tacciono per mantenersi inchiodati al desiderio. La febbre del Covid bagna i seni, la pancia, il collo nel buio insonne ed agitato, di notte lavo mattine per detergerle fresche. Rinnoverei il mio corpo con il passaggio della tua pezza fresca di baci e carezze sui capelli, quando a ciocche e ciocche li batti sul cuscino e sulla tua clavicola. L'odore di te cercherei negli spazi di guarigione anelata, neg

Dispersa

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  Nuclei di dolore mangiano passi e sogni. Agitati giorni di grasso caldo e nessuna corsa leggera. Le mura di questa casa a chiudere tutto, i miei piedi fra le mani, un'altra fotografia lunghissima dentro al tubo freddo con un camice di carta, ne sono uscite immagini di schiena piegata e braccia deboli. I seni sono tondi, pesano di assenza e ricordi, le mattine lunghe che brucio come sigarette che non ho mai fumato. Mi avvicino a voi figli in mezzo a lampi di immagini di come eravate, dei movimenti che facevate addosso a me, delle vostre voci cosi mutate da non assomigliarvi, allungo le mani per ritrovarvi ma non ci siete, diventate ogni giorno una cosa diversa dai miei figli, dai bambini che sul tappeto parlavano e rotolavano di facile linguaggio, di parole nostre, di abbracci e progetti piccolissimi, stupefacenti. Una nostalgia lacerante, un senso di vuoto tremendo, vi vengo a cercare e torno indietro senza. Vi sogno avvinghiati al mio latte, appesi ai mei occhi, un tutt'uno