Cara

 



Cara Silvia,


cosa c'è di più patetico che scriversi una lettera da soli?

Eppure oggi va così

ho scritto a tanti, ho scritto sempre, mai a te.

Sei seduta sul tuo lettone solitario e sfatto, accanto ad un mucchio di panni che non riesci a piegare e sistemare per il dolore che ti attanaglia un lato del corpo, senti i denti di un lupo perennememente affondati nel tuo bacino a sinistra dove il tuo cuore batte asincrono, nel tuo lombo giù nel profondo, senti la coltellata nel fianco, alla radice della schiena non appena ti pieghi, ti volti, ti accucci, senti il male fisso e corposo, sei così disorientata.

I tunnel ed i raggi non capiscono dove sia il blocco, da cosa dipenda, tu entri ed esci da mani di esperti, dottori, osteopati, siringhe, pasticche, bustine, intergratori, pomate, cerotti, cuscini, cliniche ed ambulatori, ti pieghi in ogni posizione a cercare sollievo, per tentare di riprenderti un vero respiro pulito, per ritrovare un movimento senza morsa, per sentire uno sblocco ed urlare finalmente:"è passato, è passato, non ho più male, non sento più niente".

Questo male ti macina anche nei giorni nei quali reagisci e lavori e scherzi e mangi e guidi, ma sta lì a tarlarti i pensieri ed i passi, a scalfirti muscoli e piede, sena pietà nè pause, come a dirti "guardami, aho guardami, sono sempre qui, non fingere che non ci sia tanto ti sto sbriciolando la mente".

Quella notizia lì, inaspettata e violenta ti ha trovata sulla sedia grigia di ferro e formica, sola ed incredula, un giorno di Marzo qualunque come qualsiasi altro giorno di Marzo.

Nel parcheggio hai cercato la tua macchina e ti ci sei seduta dentro, c'era il sole, ma come maligno?Come multifocale?Hai immaginato tanti piccoli falò sparsi nella tua pancia, tanti agglomerati di male e ti sfioravi come per vedere se fosse solo una bugia, un errore del patologo, che brutto nome "patologo", discorso sul male, chi può desiderare di fare un lavoro con un titolo così orrendo?

Eri sicura che non fosse nulla, ti controlli ogni anno, eri entrata così leggera e sorridente.

Hai fatto ridere infermiere e ginecologa, anche da sdraiata, con lo speculum a spalancare lesioni.

Li hai fatto ridere tutti, pensavi che essendo simpatica avresti ammorbidito il responso?Cosa credi che vada a punteggi la storia della malattia?Che tu sia troppo buffa e disarmata perchè qualcuno possa avere il coraggio di consegnarti quel referto?

Quando lo specializzando, per farti spostare l'attenzione, ti ha detto:"signora ha degli occhi così belli che non si riesce a continuare a guardarli", hai pensato che ti avrebbe fatto lo sconto sul referto?

Sai come sei tu?una tipa distratta.

Sei sempre così presa dalle tue emozioni che ti lasci sbattere e portare da loro senza sporcarne nessuna, sono state sempre e solo Amore queste emozioni, belle, brutte, rabbiose o tenere, ma solo Amore.

Hai amato così totalmente, così chiassosamente da non accorgerti di chi non ti stava amando affatto nel preciso momento in cui lo stavi facendo per entrambi.

Per l'amore ti sei distratta dai sogni, non hai fatto caso a cosa avresti voluto o saresti potuta diventare.

Hai amato così tanto, così puramente così impunemente, senza freni, senza strategie, senza conti, senza altri fini, senza un minimo di difesa.

Quanto amore calpestato, bruciato, sputato, immeritato, quanto amore sprecato, buttato, sfruttato, stancato e deriso, quanto amore trascurato, dimenticato, vilipeso.

Sei solo emozione grezza senza costruzioni, ti arriva tutto fortissimo, persino il vento che da bambina ti spaventava ed ora ti incendia i nervi con scosse e male.

Sei così cambiata che gli specchi di casa ed i riflessi e le ombre per strada ti hanno persa, dimenticata, tradita, ti guardi e non ti vedi più.

Il corpo tuo, un nemico da maledire, quanto gonfiore di carne e spasmo, vorresti ancora ballare, sentire  fra i capelli quel profumo di leggero e giovinezza, di seduzione e carezze, di risate e musica, di entusiasmo e sorprese.

La musica non ti basta più, ne scegli una e la cambi dopo poco, i libri non ti bastano più, ne cominci tre insieme e li confondi, i mobili non ti consolano più, li dipingi, li sposti, li cambi mentre non cambia niente, i film, forse i film per il tempo che durano ti bastano, il cibo ti ossessiona e non ti sazia ma ti riempie di grasso, il grasso non attutisce il male, lo rende più acuto e più squallido, arreso e triste e non ti vesti più ma ti copri.

Mi manchi per quella che eri, per come infilavi i maglioni, gli stivali, i costumi e le giornate.

Mi manchi ogni giorno per quella che ho conosciuto, mi manchi oggi perchè non so fermarti afferrandoti per la giacca di lana.

Vorrei poterti fare una carezza, dirti che ti rialzerai, che la morsa sfilerà i denti dale tue carni, che perderai peso dalla pancia e dal petto, che riprendrai a camminare, a cercare, che ti tornerà la voglia, che un referto negativo potrà darti davvero la pace che ora non riesce a darti, che tornerai ad amare, partendo finalmente da te, con quel neo sul labbro superiore, un neo piombato sul tuo viso così all'improvviso quando avevi dieci anni, un neo senza baci nè dita a carezzarlo.

Vorrei poterti abbracciare fino ai giorni indietro, nelle sale oparatorie di quest'anno e nella sala parto dove non hai partorito ed adesso avrebbe avuto 7 anni e chissà che buffa sarebbe stata, ti abbraccerei ragazza per poterti perdonare fino a quel giorno lì, stavi per compiere quarant'anni, con i capelli cortissimi perchè finalmente nuotavi, ti terrei io stretta la mano che stringevi all'ostetrica con la cicogna disegnata sulla divisa verde, colorata con un nastro rosa ficcato nel becco, te la terrei io quella mano ossuta invece di una sconosciuta, io che dovrei volerti bene come pensavi te ne volessero persone che stavano altrove, con i loro mostri, con le loro storie, con le loro bugie.

Ti terrei io la fronte mentre vomitavi da sola per strada, con la macchina accostata, la pioggia ed il giorno in cui ti hanno fatto sentire quel terzo battito di cui non hai mai visto gli occhi.

Tre giorni fa hai pianto così tanto e così forte che ho pensato saresti guarita dal dolore, invece  non facevi che ripetere piano a labbra bagnate:"mi mancate tutti" e non c'era nessuno.


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