Nel tunnel

 


Dentro al lunghissimo e grigio tunnel, il fiume di macchine davanti a me, dietro a me, accanto a me, procedeva lento, non eravamo incolonnati, procedevamo dentro una corrente fluida a morbidi distacchi e movimento inesorabile, con lievi onde verso destra, poi verso sinistra, poi dritto, tutti all'unisono, tutti sottovuoto, tutti nella stessa direzione.

Il rombo amplificato dei motori forti, proveniente dai tunnel collaterali, spingeva un suono sordo e costante nelle orecchie, i finestrini sigillati, nessun segnale, la musica si era interrotta, solo un rivolo di sudore sotto ai seni, un altro dietro la schiena a contatto con il sedile.

Mi sembrava di essere sott'acqua senza poter prendere aria salendo in superficie, proseguivo a lunghe gambate verso un'idea di uscita che ancora non vedevo ma immaginavo tutta.

Silenzio anche nella mia testa, solo il suono del movimento lento di macchine e corpi incapsulati dentro, ognuno incontro al proprio destino, in singola corsa verso una personale uscita.

La rabbia dei giorni, l'insonnia delle notti, l'oscena mancanza di atti d'amore, le parole violente come pugni presi in piena faccia senza neanche poter alzare la guardia, quella sensazione di febbre fin dentro alla base dei capelli, che conservavo ormai da mesi, tutto affogato in quel silenzio di macchine a scorrimento parallelo.

Nessuno accennava a superarsi, a sbattere fari, a suonare clacson, si procedeva come pesci in banchi compatti in un tempo liquido e flessibile, un andamento solitario dentro ad un istante collettivo.

Ho allargato gli occhi per metterci tutta l'attesa, per tendere la testa verso l'aria non ancora immaginabile.

Piccoli flash di momenti passati che dalla mente si infilavano dritti all'altezza della gola come grandi sassi, così duri da far lacrimare di commozione, voi piccoli, le gite, le canzoncine cantate, le recite, Giugno, la scuola finisce, le notti vicino alle finestre ad allattarvi con carne e caldo.

Quella gioia lì non torna, quei colori vividi, quelle strette vibrate, non saranno più.

In un tempo indefinito abbiamo iniziato a percepire la fine della cordata, accelerando piano, un'ultima curva ancora nel buio, i segnali stradali anneriti dal fumo tossico, non si vedeva ancora ma io ho visto l'uscita, aveva i bordi dorati di sole e l'odore dell'aria aperta senza catture.

In un attimo ho dovuto strizzare gli occhi, alzare la mano verso la fronte, risalire verso la superficie, lasciare l'acqua viscosa e torbida, ho spinto disordinatamente le gambe per aumentare la propulsione, scomposta per l'aria di scorta che stava finendo, svelta dovevo prendere la boccata sbucando fuori al più presto.

Ero fuori, avevo perso il contatto con le altre macchine, avevo abbassato di colpo il finestrino, il rombo assordante dei tunnel paralleli era cessato, il segnale era tornato e le orecchie si erano di nuovo riempite della mia musica, con la testa ero già fuori o forse lo stavo solo inventando.


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