Non si fa così
Lui mi si avvicina con il petto di peli e qualche rivolo di sudore d’agosto, mi abbraccia piano, non sa abbracciare, inciampa nei suoi abbracci, mi abbraccia lo stesso, mi sussurra nell’orecchio: ”non mi và di morire”.
Lui non riesce a pensare che smetterà di respirare, di parlare e sognare ciò che è abituato a sognare.
“Ti capisco, scoccia anche a me, deve essere parecchio antipatico morire”
“E’ morto persino mio padre figurati se non morirò anche io”
“Già, moriremo, ci tocca, è inevitabile, lo dicono tutti, non si può più fare finta di niente”.
Desidero delle scarpe chiare, morbide, attaccate al piede come un guanto di pelle, con un po’ di tacco, una punta dolce, la possibilità di correrci lieve lieve, con i piedi vicini ed i malleoli paralleli, un paio di scarpine da donna, dal quale si vedano distintamente il collo del piede, le vene azzurre, le dita che principiano discrete.
Vorrei delle scarpe femmina, quasi colore della pelle nuda, da mettere sotto ad una gonnellina, alla fine dell’orlo di un jeans stretto, di un pantalone nero.
Come ad ogni agosto mi prende la voglia d’autunno, dei brividi della mattina, delle prime torte, dei sughi della domenica, dei progetti incrollabili per il nuovo anno, che di solito osservo crollare inevitabilmente.
Come ad ogni agosto ho voglia di temporali e sonnellini nei quali sciogliere i miei sogni bislacchi, aspettare il tramonto e svegliarmi affamata e languida.
Come ad ogni agosto il sole mi strappa la pelle e mi affatica il fiato, vorrei imparare a fare la maglia, a stare ferma, a fargli passare la paura di morire e l’orrore del vivere.
Penso che non sia giusto, che non si debba lasciare in mano ad un Uomo tanto piccolo e solo, una cosa tanto grande come la morte, dicendogli: ”ora cavatela da solo”.
Non si fa così.
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